
“Amore è uno desio che ven da core/ per abondanza di gran piacimento;/ e li occhi in prima generan l’amore/ e lo core li dà nutricamento…” è l’incipit di uno dei componimenti più famosi di Jacopo da Lentini, uno dei principali esponenti della Scuola Siciliana, considerato anche il padre del sonetto.
La Sicilia, infatti, oltre alle sue bellezze naturali e all’immenso patrimonio storico e architettonico, può vantare una grande tradizione letteraria. Una delle esperienze letterarie più significative sull’Isola è stata sicuramente la Scuola Siciliana, sorta presso la corte di Federico II di Svevia.

Il movimento letterario della Scuola Siciliana
La Scuola Siciliana, nota anche come Scuola poetica siciliana, è stata un noto movimento letterario sorto in Sicilia e nell’Italia meridionale, presso la corte siciliana dell’imperatore Federico II di Svevia, tra gli anni 1220-1266. Il periodo più florido della Scuola Siciliana fu sicuramente quello compreso tra gli anni 1230-1250. Questa esperienza letteraria è stata importantissima per la produzione poetica nostrana: si tratta infatti della prima produzione lirica in volgare italiano di cui abbiamo numerose testimonianze, mentre di altri componimenti scritti in varie zone di Italia disponiamo solo di alcuni frammenti o di produzioni isolate.
Le poesie che venivano prodotte alla corte di Federico II traevano ispirazione dalla lirica amorosa dei trovatori provenzali, il cui tema centrale era quello dell’amor cortese. I poeti siciliani rinnovarono questo genere lirico, inserendo alcuni temi e aspetti linguistici innovativi e specifici. Il rapporto amoroso tra poeta e dama ricordava molto quello che intercorreva tra il vassallo e il suo signore: un rapporto quindi di sottomissione, dove spesso la donna era lontana e insensibile nei confronti dei sentimenti provati dal poeta.
Per quanto riguarda questa esperienza lirica, non si può parlare di una vera e propria scuola: il gruppo poetico era costituito da funzionari laici del Regno che iniziarono a dilettarsi con la poesia, esprimendosi con il siciliano aulicoe attraverso un’ideologia comune.
Conosciamo i poeti che presero parte alla scuola siciliana grazie al manoscritto Vaticano Latino 3793, redatto da un copista toscano.
L’appellativo “Siciliani” non designava tanto la provenienza geografica di questi lirici ma, molte volte, semplicemente la loro appartenenza alla corte siciliana di Federico II. Infatti, benché la maggior parte dei poeti fossero siciliani, non tutti erano originari dell’Isola. Sono attestati anche poeti provenienti dalla Puglia, dalla Calabria o addirittura dal nord Italia.

Jacopo da Lentini, il poeta-notaio
Giacomo o Jacopo da Lentini è stato uno dei nomi più noti della Scuola Siciliana presso la corte di Federico II. Conosciuto anche come il Notaro per la professione che esercitava, Iacopo nacque a Lentini, oggi in provincia di Siracusa, verso il 1210 e vi morì nel 1260. Considerato l’ideatore del sonetto, è sicuramente uno dei nomi più importanti della prima letteratura italiana. Il sonetto è un componimento poetico tipico proprio della letteratura nostrana, composto da quattordici versi endecasillabi (formati da undici sillabe), suddivisi in due quartine a rima alternata o incrociata e in due terzine a rima varia. I suoi componimenti poetici risalgono al periodo compreso tra gli anni 1233-1241.
Sulla biografia di Jacopo da Lentini abbiamo pochissime informazioni. Sappiamo che era considerato il “caposcuola” dei lirici siciliani alla corte di Federico II. Una testimonianza diretta sulla sua professione quotidiana ci viene fornita da un documento risalente al 1240, in cui Iacopo si firma proprio come “notarius”. Jacopo da Lentini, inoltre, viene anche citato da Dante Alighieri nella sua Divina Commedia, nel Canto XXIV del Purgatorio. Inoltre, il Sommo Poeta lo cita anche nel suo De Vulgari Eloquentia, in un passo in cui presenta una sua canzone, considerata un componimento esemplare per lo stile limpido ed impreziosito.
A Jacopo da Lentini sono state attribuite 16 canzoni che presentano diversi schemi metrici e 22 sonetti, di cui due sono in “tenzone” con l’abate di Tivoli e uno è una risposta a Jacopo Mostacci. Generalmente, i componimenti poetici del Notaro sono quasi esclusivamente poesie d’amore nella sua accezione cortese. Nelle sue liriche, Jacopo da Lentini ripropone tutti gli argomenti e gli stili in voga nella Scuola Siciliana: la canzone di argomento sublime, la canzonetta con temi narrativi spesso inframezzata anche da dialoghi, e il sonetto, dedicato a tematiche teoriche, morali e filosofiche, per lo più sul concetto e sulla natura del sentimento amoroso.
Come in tutti i componimenti dei poeti siciliani, anche in quelli di Jacopo da Lentini la donna assume tutti i valori mentre l’uomo, nel suo ruolo di vassallo, si autodefinisce indegno e nullo di fronte alla bellezza incarnata dall’amata.

Alcuni versi di Jacopo da Lentini
Ecco alcuni versi attribuiti a Iacopo da Lentini che rispecchiano la sua poetica:
“Meravigliosa-mente/ un amor mi distringe,/ e mi tene ad ogn’ora./ Com’om, che pone mente/ in altro exemplo pinge/ la simile pintura,/ così, bella, facc’eo,/ che ‘nfra lo core meo/ porto la tua figura.”
Meravigliosamente, vv. 1-9
“Amore è uno desio che ven da core/ per abondanza di gran piacimento;/ e li occhi in prima generan l’amore/ e lo core li dà nutricamento”
Amor è uno desio che ven da core, vv. 1-4
“Madonna, dir vo voglio/ como l’amor m’à priso,/ inver’ lo grande orgoglio/ che voi bella mostrate, e no m’aita./ Oi lasso, lo meo core,/ che ’n tante pene è miso/ che vive quando more/ per bene amare, e teneselo a vita”.
Madonna, dir vo voglio, vv. 1-8
Questi, pochi, versi tratti da tre diversi componimenti attribuiti al Notaro rispecchiano totalmente la poetica della Scuola Siciliana. La tematica è prevalentemente quella amorosa, in cui la donna viene vista come una figura inavvicinabile. Il sonetto “Amor è un desio che ven da core”, databile al 1241, può essere considerato il manifesto poetico sull’amore di Jacopo da Lentini. L’amore è infatti un desiderio che nasce dagli occhi, come spiegano i primi versi del sonetto: gli occhi sono la causa del sentimento, perché vedono la donna amata. L’amore, secondo il poeta, nasce solo dopo la visione dell’amata: la vista può infatti riportare al cuore quanto vede, sia di bello che di brutto, di buono che di cattivo ma soprattutto la figura preziosa e inaccessibile della donna.